Proprio non si può mai dire: a volte anche in Parlamento se ne fanno delle buone … o meglio, non delle cattive!
Infatti, in occasione del centenario della sciagurata entrata in guerra dell’Italia, si sono voluti ricordare non solo quei 600.000 poveracci mandati a farsi ammazzare al fronte, ma anche quelle migliaia di disgraziati fucilati senza processo per diserzione, “viltà di fronte al nemico”, disobbedienza, ecc. Insomma, gli ammutinati delle trincee. Come la moderna storiografia ha ormai accertato, nei loro confronti non ci fu, da parte delle alte (ma anche delle basse) gerarchie militari nessuna giustizia, nessuna considerazione. Renitenti alla leva per motivi ideali o religiosi, disperati annichiliti da mesi di trincea, innocenti pescati nel mazzo con l’infame metodo della decimazione, poveri contadini semianalfabeti che non capivano perché avrebbero dovuto uccidere poveri contadini semianalfabeti come loro ma che parlavano un’altra lingua, insomma, tutti coloro che non si piegarono alla retorica nazionalista o che non temettero le pallottole sparate alla spalle dai carabinieri e dai tenentini di complemento, trovarono nel plotone di esecuzione la umana e generosa risposta dello Stato. Senza contare le decine di migliaia di prigionieri di guerra lasciati letteralmente morire di fame, perché si era deciso che non dovessero ricevere i pacchi alimentari mandati dai parenti. E si badi bene, non erano gli austriaci a impedire l’inoltro ai destinatari, ma era il nostro governo che, a differenza di quelli degli altri paesi belligeranti, aveva deciso che i prigionieri di guerra (da quel tronfio somaro di D’Annunzio definiti “gli imboscati d’Oltralpe”) andassero considerati alla stregua di vili disertori, e quindi non meritassero alcun aiuto dalla Patria. Quella, naturalmente, con la P maiuscola.
Bene, come dicevamo, il Parlamento si è ricordato anche di loro, riconoscendone il sacrificio e l’ingiustizia subita. A parte il fatto che, per arrivare a questa presa d’atto “ufficiale”, ci sono voluti cento anni, appare evidente che nella risoluzione parlamentare non c’è stata nessuna equiparazione ma, più semplicemente, il riconoscimento che tutti furono vittime della guerra, che tutti i caduti della Grande Guerra, indipendentemente dal modo in cui rimasero uccisi, furono ugualmente vittime. E che tutti, quindi, meritassero di essere ricordati.
Tutto bene, dunque? Dai, non scherziamo!
Sull’autorevolissimo “Corriere della Sera”, infatti, compare un autorevolissimo articolo di fondo scritto dall’autorevolissimo professor Panebianco, nel quale si stigmatizza, con un autorevolissimo ragionamento, questa (presunta) equiparazione fra “coloro che si rifiutarono di combattere […] e quelli che morirono armi in pugno”. Per poi paventare che, in caso di un futuro, prossimo e probabile intervento armato italiano, magari sulle coste libiche o giù di lì, prevalga questo “generico spirito pacifista”, altamente pericoloso per gli obiettivi militari che si dovessero perseguire. Quindi, la si finisca di mettere sullo stesso piano gli uni e gli altri.
Naturalmente, anche se sentiamo molto più vicini quelli che buttarono il fucile rispetto a quelli che non riuscirono a farlo, per noi, comunque, sono tutti vittime sacrificali, mandati all’“inutile macello”, per difendere interessi, dinastici ed economici, ai quali erano, nella quasi totalità, completamente estranei. Vittime di una guerra insensata, come lo sono tutte le guerre, quelle passate, quelle presenti e quelle, ahimè, future. Anche se, così dicendo, corriamo il rischio di creare nuovi disappunti all’autorevolissimo professor Panebianco. Se così fosse, non sapremmo farcene una ragione!…
Massimo Ortalli, Cristina Valenti
L’immagine di questa spigolatura
Shot at Dawn Memorial, monumento ai fucilati per diserzione e codardia durante la Grande Guerra, Alrewas (Straffordshire).
A differenza del Regno Unito, della Germania (a Stoccarda è eretto un monumento a tutti i disertori) e della Francia (nel Musée de l’Armée di Parigi c’è uno spazio dedicato ai fucilati della Prima Guerra Mondiale), l’Italia ha continuato a considerare morti “con disonore” gli oltre mille soldati giustiziati sommariamente. Solamente dopo i molteplici appelli per la loro riabilitazione storica e giuridica, il Parlamento italiano, in occasione del centenario dell’entrata in guerra, ha finalmente restituito l’onore anche a queste vittime della barbarie della guerra.