dillatronic

J Dilla è uno dei più grandi produttori della storia dell’hip hop, nonché, senza esagerare, un genio assoluto della black music. Purtroppo – come sappiamo tutti – è morto giovane, troppo giovane, e a quasi dieci anni dal fattaccio le questioni legate alla sua eredità – artistica, spirituale e produttiva – sono ancora aperte. In realtà, la questione, è soltanto una: Dilla era un autentico workaholic, in vita ha prodotto tantissimo tra dischi, singoli e strumentali. Che fare di tutto il materiale inedito che ha lasciato? (Si narra di quattro hard disk ancora pieni!).

Allo stato attuale, e dopo alcune controversie, del lascito se ne sta occupando la madre, Ma Dukes, e non passa anno che non ci sia una qualche iniziativa – più o meno interessante – dedicata alla memoria del compianto James Dewitt Yancey. Ora è la volta di questo Dillatronic, l’ennesimo album postumo, contenente 41 brani – ma sarebbe meglio dire bozzetti – ancora inediti. Il materiale, pur nella sua forma grezza, è ovviamente di altissima qualità: lo ascolti e ti sembra di guardare i disegni preparatori di un grande pittore, si percepisce proprio il carattere non-finito di ogni singola strumentale. In gran parte sono beats dell’ultimo periodo, quelli più connotati dall’uso dell’elettronica, ed emerge, fin da Dillatronic #1 (i brani sono così nominati e ordinati), quel tocco magico e irripetibile, che da sempre ha caratterizzato ogni singola produzione targata Jay Dee.

Sul contenuto, quindi, nulla da dire. Lo scetticismo riguarda più che altro il modo in cui questo materiale viene pubblicato. Dobbiamo aspettarci ogni due-tre anni un nuovo album del genere venduto come disco “vero e proprio” in edizione speciale con box maglietta vinile-a-colori borsa cassetta? Non è un po’ troppo? Ritornano quasi alla mente le parole di un altro grande produttore iper-produttivo – oltre che amico e collaboratore di Dilla –, Madlib, a proposito della sua roba ancora inedita: “I’m gonna burn it down before I die, a little Lee Perry action. Ain’t nobody exploiting my shit. If I was dying in hospital I’d tell my son to go and burn it. Don’t think I’m going to get exploited like they’re doing to Dilla. I’m learning from how he’s being treated from some people”.

Risolta così? Mica facile! Da un lato ci sono le esigenze di conservazione e diffusione di un patrimonio culturale che è di proprietà di tutti gli amanti della black music; da un altro le esigenze discografiche di un mercato musicale sempre più orientato alla brandizzazione; e da un altro ancora le esigenze (anche) economiche della madre, malata della stessa malattia che ha portato alla morte il figlio (con conseguenti spese mediche e debiti), che gestisce la sua legacy tra fondazioni e beneficenza.

Come al solito, in questi casi, è difficile trovare un punto di equilibrio tra le diverse forze in campo – per non parlare degli esterni che cercano di approfittarne –, e rimane sempre l’impressione che qualsiasi cosa uno faccia, questa sia sbagliata. Come dev’essere gestita l’eredità di un genio? Domanda da un milione di dollari.

Detto questo – e io chiaramente non ho la minima risposta – Dillatronic è un disco tutto da ascoltare, dall’inizio alla fine: lo trovate qui in streaming integrale, in attesa dell’uscita ufficiale datata 30 ottobre.