Il rap libico, quasi inesistente prima del 2011, anno della rivolta contro Gheddafi, nasce e si sviluppa in un clima di instabilità e di violenza. La rivolta della cosiddetta primavera araba prima e la guerra civile poi. Con tutto ciò che ne consegue: sfollati, rifugiati, mutilati, orfani, nuove povertà. Il rap si è quindi imposto da subito come mezzo di espressione di questi disagi ma anche voce di nuove speranze in un futuro migliore.

A oggi, il rap rimane il miglior modo per conoscere la realtà complessa della Libia in quanto voce in presa diretta sugli eventi spesso contraddittori e incomprensibili.

Ha fatto molto scalpore, specie nella stampa inglese, la pubblicazione, nel marzo del 2015, del video del rapper-combattente libico Ashraf alias Volcano “sawt Ashaab” (La voce del popolo), video girato in scenari di guerra reali a Benghazi, in particolare nei quartieri caldi di Leythi e Bouatni.

Ashraf-Volcano è stato anche ferito alla mano durante le riprese del video.

“C’era un cecchino dietro di me mentre facevamo le riprese per il video clip. L’ha visto la ragazza che stava riprendendo. L’ha visto con lo zoom. Il cecchino ha sparato e una scheggia mi ha ferito la mano. Sono stato lì fermo e dopo circa 14 ore, è arrivato un veicolo blindato per evacuarmi. Il giorno dopo abbiamo ripreso il nostro lavoro nello stesso punto. Io con la mano bendata. Era un messaggio per jihadisti: non abbiamo paura”, dichiara Ashraf-Volcano in una intervista a France 24.

Volcano è un rapper che combatte i jihadisti di Ansar al-Sharia. Tramite le sue canzoni intende infondere coraggio nei giovani che combattono con lui e spera di allontanarne altri dalle milizie e dall’Isis.
“Non sono un grande fan della musica rap e non sono aggiornato sulla scena rap mondiale. Mi è capitato di ascoltare 50Cent o Tupac. Nulla di più. Ma credo che il rap sia il modo più efficiente per combattere i jihadisti. In una canzone di tipo classico ci sono 60 parole mentre nel rap puoi usare 300 parole. E ciò molto utile per noi”, dice Ashraf nella sua pagina Facebook ora chiusa:

D’altronde, in Libia, il rap ha assunto un ruolo di primo piano nella lotta contro le milizie armate, contro il cosiddetto Stato Islamico (ISIS) e contro i jihadisti di Ansar al-Sharia, cioè Al-Qaeda in Libia.

Nel giugno 2015 un gruppo di 15 ragazzi sfollati, alcuni di loro molto giovani, si sono riuniti in un gruppo rap chiamato Tuyur Assalam (I messaggeri della Pace): lontano da ogni vittimismo e partendo dal loro campo profughi hanno animato molte serate a sostegno della sezione della Protezione Civile di Benghazi e organizzato molti concerti nelle scuole. Hanno persino organizzato un festival “Huna Benghazi” (Qui Benghazi”). Il loro motto: “Lottiamo per rimanere”:

La situzione in Libia è ovviamente molto pesante: incertezza politica, milizie armate, Stato Islamico minaccioso e… molte armi in circolazione. Il gruppo YMCMB nel video “Min al-akhir” esprime con un video aggressivo e parole violente questa situazione. Il video ha suscitato molte polemiche in Libia. YMCMB ha dovuto aggiungere una nota in testa al video “Con questo video clip non vogliamo incitare all’uso delle armi. Il nostro video è solo per far evolvere e diffondere questa musica nel nostro paese”:

Altri, più politicizzati, come l’ottimo Issa ben Dardaf , qui assieme al rapper tunisno El General, canta la triste fine cha ha fatto la cosiddetta “primavera araba”:
“Siamo tornati al punto zero
ci hanno rubato la rivoluzione
Milizie Isis hanno rubato i nostri sogni
ma non ci fanno paura
come prima di loro non abbiamo
temuto i fascisti e Graziano…”

Oppure il sempre più interessante Lofe il quale nella canzone Tayr Barri “Uccello selvatico”, rende un omaggio molto doloroso alla città di Tripoli, capitale della Libia e anche denuncia la situazione nella quale versa ora il paese:

“Non riconosco nessuno
A Tripoli uno straniero ci governa
Non vi riconosco
Solo le mie parole mi rappresentano
Tripoli non ti riconosco”

Mc Swat va ancora più lontano e versa la sua rabbia contro tutti, in primo luogo contro i musulmani e gli arabi, responsabili, secondo lui, della situazione in cui versa ora la Libia. In un video girato nella ex catedrale di Benghazi, dice:
“Viva chi ha disegnato le caricature di Maometto
Viva Israele
Viva il Vaticano
Viva Satana
Viva chi brucia il Corano
Viva il colonialismo
Viva l’America”

Con toni diversi MC Mego fotografa una situazione che potremmo dire inedita fino a qualche anno fa in Libia: la diffusione della violenza, delle droghe ma soprattutto della povertà:

E così anche Lil Boy e Zeg Zag raccontano la storia di un orfano. Un orfano della guerra civile che devasta la Libia:

Poche, invece, le voci femminili nello scenario rap libico. La più interessante Wheezy, che qui si scaglia contro gli altri rappers, tutti maschi. La sua è una rivendicazione di genere. Wheezy, purtroppo, non ha più fatto uscire alcun titolo dal 2012: